Qualche giorno fa parlavo delle dieci affermazioni false che spesso si sentono sulla bocca dei profani, spesso futuri clienti, che cercano di capire qualcosa del web e di quello che stanno per acquistare.
Per carità, la curiosità è lecita, ma se come ho spiegato poi, questa curiosità si trasforma in saccenza, allora le cose si mettono male, perché si farà doppia fatica a spiegare che quell’ostinazione sulla quale puntano in realtà è solo un falso mito venuto fuori chissà come.
Sulla falsa riga di quel post, oggi voglio parlare delle affermazioni false sulla SEO (Search Engine Optimization).
Iniziamo subito, e lo faccio con la più assurda di tutte.
Sono un partner Google e ti posso garantire …
Mettiamolo in chiaro, possibilmente una volta per tutte. Google non ha partner, non in questo senso. Non esistono associazioni, affiliati e professionisti che siedono su di un gradino di favore del big motore. La fuori, per Google, siamo tutti uguali. Gente che sà (o non sà) fare il proprio mestiere e che cerca di ottenere risultati. Se qualcuno quindi approccia a voi dicendovi che è un partner Google e in quanto tale può portare risultati prima e meglio degli altri, iniziate con il dubitare di questa ditta o di questo professionista.
Un nome a dominio ricco di parole chiavi è meglio
Vi è spesso una errata convinzione che un nome a dominio ricco di parole chiave sia meglio. Ora proviamo ad immaginare cosa succede dal lato utente. Il nome ha dominio è quella parolina che ci permette di identificare la ditta o il soggetto rappresentato. Cosa succede se invece del nome (di senso compiuto o no) nel dominio appaiono due o tre parole chiave?
Il nome, in particolar modo per la lingua italiana, diventerebbe così lungo, poco mnemonico e quindi difficile da ricordare.
Il nome a dominio quindi deve essere il più corto possibile, possibilmente contenere il nome dell’azienda, e solo in casi particolare iniziare a pensare alle parole chiave,** ma esclusivamente perchè vi sono dei casi di omonimia (che impediscono la registrazione del nome) o perchè magari si vuole focalizzare da subito l’attenzione su un particolare dell’azienda, sia esso prodotto, materiale utilizzato per la costruzione di beni o dei servizi.
Sarà quindi più organicamente valido un dominio tipo ilpianetadellebambole.it che non negoziobambolebambini.it.. Magari, il primo caso può addirittura collimare con la ragione sociale dell’azienda, mentre nel secondo è evidente che questo non sia possibile.
Parimenti, nella scelta del dominio bisognerebbe sembre evitare possibili casi di confusione evidanto doppie o simboli che durante un possibile spelling al telefono creerebbero solamente confusione.
Il meta tag keyword è…
Su questo meta tag ne ho sentite di cotte e di crude. L’ultima giusto ieri, quando un presunto SEO diceva che il meta tag keyword sono delle parole chiave nascoste che il browser usa per indicizzare il sito.
Scriverlo certo non è la stessa cosa che sentirlo dire. In sostanza l’accento di questa persona mi veniva posto sul fatto che le parole chiave erano nascoste, quindi fatte di straforo. Falso. Sono si delle parole chiave che l’utente finale non vede, ma metterle non è certo un peccato.
Così come metterle non significa certo aver trovato la chiave di volta per il successo come spesso succede di sentire.
Oggi i motori di ricerca sono così sufficientemente abili da saper “leggere” il contenuto della pagina e di poter fare a meno sia del meta tag keyword che del description.
Testo nascosto, grassetto e italico. Come scrivo scrivo.
No. Il testo nascosto è considerato penalizzabile già da molti anni, anche se spesso si trovano casi anche piuttosto evidenti di come questa regola sia ignorata.
Quanto all’italico e al grassetto, quindi all’enfasi del testo stesso, i motori di ricerca non certo si accorgono della differenza visuale del testo, piuttosto lo fanno interpretando il meta linguaggio. Se quindi vi sono delle enfatizzazioni, saranno solo un’indicazione anche per il motore che quella parola o quel paragrafo sono di un certo rilievo, nulla di più. Spammare, mettendo magari tutto il testo con questa enfasi può risultare anche esso in una penalizzazione.
Lunghezza del testo
Questa più che una affermazione è un dubbio che spesso si pone. Ci sono soggetti che già il solo pensiero di scrivere 10 righe li fanno star male, altre che sarebbero capaci di scrivere la Divina Commedia.
Non vi è una regola certa, ne tantomeno una lunghezza minima per poter essere indicizzati. E’ chiaro però che più lungo è il testo, maggiori sono le possibilità per l’utente di capire di cosa si sta parlando, maggiori sono le chance che Google avrà di poter estrapolare le giuste informazioni per favorirci nel posizionamento con determinate parole chiave.
E per coloro che spesso dicono “ma tanto nessuno legge”, cosa mi dite di quegli esempi di mono-pagine (spesso landing page) che registrano tassi di conversione spaziali? Quindi ci vuole un giusto equilibrio tra informazione e quella capacità di saper suscitare interesse da parte di chi legge.
Pay Per Click o collegamenti sponsorizzati in genere
Se li hanno inventati evidentemente, dietro ad ogni altra ragione di puro marketing, vuol dire che un senso c’era e che soprattutto non si stava facendo nulla di così sbagliato.
Quando quindi sento dire o si fa del PPC o si fa del SEO altrimenti vieni penalizzato, la castroneria è ovvia. Allo stesso modo è una baggianata che fare del PPC può migliorare il posizionamento.
No, il posizionamento organico non ha nulla a che vedere con il posizionamento sponsorizzato. Caso mai il PPC può portare un aumento di traffico al sito, ma anche in questo caso (a seconda del tipo di campagna) non è certo un aumento del traffico - per giunta dalla stessa sorgente - che incrementa il posizionamento del sito. Questo mi riconduce alla affermazione successiva.
Clicca almeno 10 volte al giorno e il tuo sito sale
Si commenta quasi da sola questa. Comunque non è certo un numero di click così ininfluente e per l’appunto dalla stessa sorgente che aiuta un sito a scalare le vette delle SERP. Affinchè si possa parlare di significative possibilità, si deve parlare di volumi di traffico che rasentano le migliaia (se non cifre a 5 zeri) di click verso un sito e provenienti da più fonti (quindi perchè il link è stato trovato dentro a comunicati stampa, articoli, altre referenze - magari spontanee).
Contenuto duplicato
Qua la faccenda si fa complessa. Esistono diverse forme di contenuto duplicato e quella che interessa questo specifico caso è ovviamente la copia - a volte spudorata e senza permesso - di un testo da un altro sito per riportarlo nel proprio.
Google non è in grado di stabilire la parternità dell’articolo, ma può certo verificare molti aspetti, come la data di creazione del documento, piuttosto che il numero di backlink e l’autorevolezza degli stessi. Su questo argomento ci sarebbe molto da disquisire, ma diciamo che in linea generale, fintanto che i casi di contenuto duplicato sono limitati, non si incorre in penalizzazione generalizzate, ma la buona regola impone di non farne affatto, così come evitare possibili domain farm (molti domini che puntano allo stesso contenuto) o tutta un’altra serie di accorgimenti così come indicato nelle linee guida fornite dal motore.
Evitiamo il Flash
Qui è in principio una questione di gusti oltre che di scelte professionali. Vero che i motori di ricerca non riescono a leggere tutto il testo contenuto dentro i filmati in flash, ma si sono recentemente adoperati per migliorare questa forma di comprensione.
Il fatto tuttavia rimane, un sito interamente sviluppato in Flash è un danno in tutti i sensi, quindi se proprio ci deve essere, che sia circoscritto.
Evitiamo tutte le tecniche scorrette
Pensate di essere furbi? Provatelo. Vendete link, fate pagerank sculpting, realizzate milioni di doorway pages … quando sarete stati bannati dai motori di ricerca, poi ne riparliamo.