Tassonomia e SEO

La scorsa volta ho parlato del concetto di categorizzazione e di una potenziale implementazione da parte di Google di un algoritmo per la classificazione della pagine secondo delle categorie.

Ho parlato insomma di tassonomia, una parolaccia questa che forse in pochi conoscono e che prima di continuare è bene guardare cosa voglia dire.

La tassonomia è la scienza che si occupa della classificazione di una o piu’ entità in un dato gruppo di concetti omogenei.

La tassonomia è utilizzata in molti ambiti, e non è quindi una cosa prettamente informatica, né tantomeno della SEO. Anzi, proprio perché queste “scienze” sono le “ultime nate”, direi proprio che hanno preso in prestito quanto previsto dalla tassonomia per farla proprie.

Traslata all’ambito web, la tassonomia è dunque utile come sistema per la classificazione dei documenti, in altre parole delle pagine, in modo gerarchico al fine ultimo di migliorare l’usabilità di un sito web o di una web application.

Come diretta conseguenza, lato utente, abbiamo una migliore esperienza di quest’ultimo, il quale riuscendo immediatamente ad identificare le categorie e gli elementi (pagine) ad esse associate può districassi al meglio all’interno del sito senza confusione, riducendo così uno dei pericoli di cui un sito web può essere vittima: il tasso di abbandono.

Quando si parla di tassonomia però è importante non confondere la stessa con il concetto di varianti delle parole chiave, che è comunque un altro fattore importante della SEO.

Perché tassonomia & SEO formano la giusta accoppiata?

La prima cosa da fare al riguardo è definire gli ambiti lavorativi di questi due elementi. Immaginiamo di trovarci di fronte ad una macchina: la tassonomia rappresenta il motore della macchina, mentre la SEO rappresenta la carrozzeria.

Tassonomia e SEO

Detto questo, il sistema migliore per fissare questi due concetti è di enumerare le caratteristiche di queste due elementi in un elenco.

Tassonomia:

  1. migliora l’usabilità del sito in generale e la user experience
  2. non tiene conto di come gli utenti arrivano sul sito, ma funge da guida per portare gli in pochi passaggi nella categoria più appropriata. Questo discorso si fa tanto più rimarcato quanto un sito web é di grandi dimensioni (es. E-commerce).

Diretta conseguenza è supportare la SEO:

  1. utile per incrementare le possibilità di un sito di essere ritrovato all’interno dei motori di ricerca.
  2. diretta conseguenza del punto a) è di aumentare il traffico anche da una audience non strettamente legata al target del sito, ma cmq pertinente (long tail).

Tutto bello, ma vorrei un esempio che mi chiarisca ogni dubbio.

Mi sembra più che giusto. Ove opportunamente predisposto, il motore di ricerca interno del sito può trarre vantaggio dalla tassonomia adottata dal sito web, che è né più né meno quello che dovrebbe (in teoria) succedere con l’algoritmo di Google o degli altri motori di ricerca.

Com’è facile intuire a operare sono però due approcci diversi, dove quello del motore di ricerca interno del sito, per quanto raffinato, non potrà mai eguagliare l’algoritmo di un motore di ricerca come Google o Bing. Non per niente gli algoritmi dei motori di ricerca commerciali sono sempre in fase di evoluzione.

Questo senza contare che i motori di ricerca non possono basarsi solo su di un fattore così povero come la sola categorizzazione, altrimenti l’indicizzazione di un sito sarebbe troppo semplice. Google in particolare utilizza almeno 200 fattori per indicizzare un sito web, che controlla durante la scansione di una pagina.

Ecco allora che prima di realizzare un sito web sarebbe opportuno fare una mappa logica della struttura del sito web, per capire come collocare correttamente ogni pagina.

Un po’ come fanno i pittori, schizzano su un pezzo di carta il loro ritratto per poi tracciarne sempre di più i contorni prima di procedere all’ultimazione dell’opera.

Il risultato di un’operazione semplice come questa sarà di avere una visione generale del sito e conoscere a priori in che modo dividere i contenuti della pagina e del sito stesso.

Va, infatti, tenuto presente che i motori di ricerca, a differenza degli umani, non hanno una capacità visiva, ma basano tutta la loro attività sulla deduzione logica di quello che gli viene proposto a livello di codice HTML.

Prendiamo una pagina di esempio, come questa di un noto brand italiano la cui fama mi risulta essere a livello internazionale: Bertolini.

La sua pagina che parla del lievito per pizza e torte salate, dovrebbe essere strutturata in modo da dare risalto a tre parole chiave: lievito, *pizza *ed infine torte salate.

 Bertolini: pagina del lievito e pizze salate Tuttavia, ad una prima analisi visiva, si può notare che i tre termini stentano a comparire, e ancora peggio se analizziamo il codice da un punto di vista HTML, lo stesso riflette la totale assenza dei fattori base SEO nonché di elementi validi che possano accorpare questa pagina in una qualche categoria logica.

 bertolini codice html Le tre parole chiave sopra sono ripetute con una bassa densità, e senza una giusta prominenza. Il path (URL) anche, che è uno tra i primi elementi per questo processo, è tutt’altro che indicativo.

 URL della pagina di Bertolini Per concludere, giusto per avere un quadro generale, il tag cloud sopra ci rileva quanto e quali siano i termini più importanti, seguiti in ordine decrescente, da termini e parole chiave poco correlate rispetto ai temi principali della pagina stessa. Questi termini secondari non forniscono assolutamente quei segnali che un motore di ricerca si aspetta di trovare. E chiaro quindi che sono stati ignorati i concetti delle varianti delle parole chiave, di fatto riducendo le possibilità della pagina/sito di essere trovato.

 Bertolini Tag Cloud Pizza e Torte salate Risultato, come è lecito aspettarsi, la pagina del lievito per pizza e torte salate Bertolini, a meno che di non essere ricercato con l’esatta chiave “lievito per pizza e torte salate” non appare se non a partire dal fondo della quarta pagina e oltre. Certamente non un buon risultato se consideriamo che queste queries sono relativamente poco dense.

Per concludere

La tassonomia risulta quindi una parte fondamentale del processo che deve essere preso in considerazione durante lo sviluppo e la realizzazione di un sito web.

Uno studio attento della terminologia da utilizzare può aiutare a prendere decisioni intelligenti riguardo le parole chiave, le variant, gli anchor text di destinazione anche lo stesso contentuo del sito. Addirittura può fornire giuste indicazioni sulla prominenza e densità delle parole chiave.

In casi più grandi come siti web di ecommerce, l’implementazione di una corretta classificazione tassonomica può addirittura rivelarsi utile per l’attuazione di strategie di cross-selling, ovvero di quei box “con I prodotti correlati” che alla fine dei conti sono frutto di regole di marketing aziendale.

Ricordate che gli utenti possono effettuare le ricerche in diverse forme e con diverse parole, pur cercando il medesimo contenuto. Pertanto, è quasi impossibile per un algoritmo di un motore di ricerca scoprire tutte le sfumature linguistiche.

Fornendo quei giusti segnali comunicando con una tassonomia bene precisa può avere un impatto significativo su come non solo i visitatori arrivati sul sito, ma anche sulla loro esperienza complessiva.